Calcio Mercato. Mariano Atzeni al Selargius. Tutti vogliono Flumini. Ferrini Quartu scatenata.

Lasciare andare il passato, abbassare le maschere e rinascere: a volte, nella vita, è l’unico modo per avvicinarsi davvero a se stessi. Ma questo percorso non è semplice: significa separarsi dalle proprie radici, affrontare difficoltà, lottare con la nostalgia e confrontarsi con realtà diverse. Tuttavia, chi trova la forza di andare avanti può scrivere la propria storia di successo.
È il caso di Giulio Palmas, neuropsicologo di 32 anni, che da Villanova Truschedu ha deciso di trasferirsi a Milano per trasformare la propria vita. Oggi mette la sua professionalità al servizio degli altri, dimostrando che il cambiamento, per quanto impegnativo, può portare a grandi risultati. Una storia iniziata a Milano all’età di 18 anni, che lo ha portato a diventare membro dello staff del Centro di Neuropsicologia Cognitiva dell’Ospedale Niguarda di Milano, docente a contratto all’Università di Pavia e vincitore, nel 2023, del premio per il miglior lavoro presentato al congresso della Società Italiana di Neuropsicologia. La sua semplicità e genuinità emergono fin da subito, tratti distintivi della storia di un giovane che ha scelto di allontanarsi dalla sua terra per inseguire il proprio sogno.
La tua storia inizia in un piccolo paese della Sardegna. Come ti sei sentito quando hai lasciato Villanova Truschedu per trasferirti a Milano? C’era più paura o eccitazione per il cambiamento?
“Ricordo con piacere il mio arrivo a Milano, ma anche come una serie di ostacoli. Venivo da un paesino di circa 300 abitanti, una realtà completamente diversa. Il primo impatto è stato con la vastità di Milano: in Sardegna tutto è più raccolto, mentre qui anche solo incontrare un’amica significava affrontare 50 minuti di viaggio. Al liceo ero abituato a una piccola classe e a un confronto ristretto, mentre all’università trovarmi in un’aula con 250 studenti è stato destabilizzante. Inoltre, vivere la prima esperienza lontano da casa e dalla famiglia, pur con il loro grande supporto, ha amplificato le difficoltà. Sono una persona molto autocritica e spesso mi chiedevo se ce l’avrei fatta, ma la voglia di migliorarmi mi ha sempre spinto avanti.”
Ti sei mai sentito spaesato durante i primi anni a Milano? Come sei riuscito a mantenere vive le tue radici sarde in un contesto così diverso?
“Il mio rapporto con la Sardegna è stato un mix di amore e conflitto. Sono andato via perché sentivo la mia terra troppo ‘chiusa’, con una mentalità che non rispecchiava la mia. Per esempio, al di fuori del contesto familiare, che per me è stato un ambiente protetto e fortunato, ho vissuto con difficoltà la mia omosessualità, alimentando il desiderio di andarmene. Tuttavia, una volta lontano, ho avvertito subito la mancanza della mia isola. La Sardegna ha un richiamo forte, quasi ‘maledetto’: anche se cerchi di allontanartene, senti il bisogno di tornarci. Nei primi tempi ho colmato la distanza tornando spesso a casa, poi ho trovato modi per mantenere le mie radici anche a Milano: ho stretto amicizie con altri sardi, frequentato ristoranti tipici e portato con me le tradizioni. Oggi vivo meglio questa lontananza: sono maturato, sono cresciuto e la nostalgia la gestisco anche con una semplice videochiamata. Guardando al me 18enne e al me quasi 33enne, vedo una grande evoluzione. Gli ostacoli sono diversi, ma ho imparato ad affrontarli.”
Il tuo percorso professionale è davvero impressionante, passando dalla laurea in Psicologia alla specializzazione in Neuropsicologia, fino al riconoscimento prestigioso nel 2023. Che emozioni provi quando riesci a fare la differenza nella vita di un paziente? C’è un caso che ti ha particolarmente toccato?
“Lavorare al Niguarda significa affrontare sfide enormi ogni giorno. In neuropsicologia ci troviamo di fronte a due grandi categorie di pazienti: quelli con malattie neurologiche degenerative e quelli con lesioni cerebrali acute. Nel primo caso, parliamo di patologie come Alzheimer, Parkinson o demenze frontotemporali, malattie per cui purtroppo non esiste una cura. Il mio lavoro si concentra sulla diagnosi e sull’accompagnamento del paziente e della famiglia. Diverso è il caso di chi ha subito un ictus o un trauma cranico: qui la riabilitazione può davvero fare la differenza. Ricordo un ragazzo di vent’anni che, dopo un incidente stradale, è rimasto paralizzato con gravi difficoltà cognitive. Non riusciva a parlare, a ricordare, a mantenere l’attenzione per più di 10 minuti. Dopo un anno di riabilitazione, grazie a un lavoro di squadra, è tornato alla sua vita, al suo lavoro, sulle sue gambe. Vederlo riprendersi è stata una delle più grandi soddisfazioni della mia carriera. Questo mi ricorda ogni giorno quanto il mio lavoro possa avere un impatto concreto sulla vita delle persone.”
Negli anni iniziali, Milano non ti aveva entusiasmato. Cosa ti ha fatto cambiare idea?
“Milano inizialmente non mi aveva convinto. Dopo la laurea triennale, mi sono trasferito tra Bologna, Cesena e poi Roma. Sono tornato a Milano per una nuova opportunità lavorativa presso il Centro di Neuropsicologia Cognitiva dell’Ospedale Niguarda. Questa occasione è stata lo slancio giusto per rivalutare la città. Le opportunità lavorative che ho trovato qui non le ho riscontrate altrove. Inoltre, tornando con una mia autonomia economica, ho potuto viverla meglio, accogliendone le sfumature e le possibilità.”
Lo sport, e in particolare il CrossFit, ha un ruolo importante nella tua vita. Cosa rappresenta per te questa disciplina?
“Inizialmente ero l’antisport. Durante il periodo del COVID ho trascurato la mia forma fisica, così nel 2021-2022 mi sono avvicinato al CrossFit. Dopo la prima lezione ero scettico, ma oggi mi alleno sei volte a settimana con Massimiliano Bardini, campione di sollevamento pesi. Ho trovato un equilibrio tra CrossFit, Hyrox e allenamento funzionale, che mi aiuta a scaricare la tensione e a creare nuove amicizie.”
Qual è il tuo consiglio per chi vuole costruire una carriera basata sulle proprie passioni?
“Non sentirsi mai arrivati. Milano offre opportunità, ma la crescita è un processo continuo. Bisogna puntare sempre a nuovi traguardi, senza dimenticare le proprie radici.”
La storia di Giulio Palmas è quella di tanti giovani sardi che, con coraggio e determinazione, lasciano la loro terra per inseguire i sogni, senza mai dimenticare le proprie origini.
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